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Arriva il bioetanolo sostenibile, la benzina del futuro

di Marco Ferrando

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10 giugno 2009

Tenuta Cassana, alle porte di Tortona (Alessandria). È qui, nel cuore della pianura Padana, che «cresce» la benzina del futuro. Una cinquantina di ettari dedicati all’arundo donax, la canna palustre, e al sorgo, le due colture oggi in pole position per diventare la materia prima del bioetanolo di seconda generazione, più apprezzato di quello attuale perché ottenuto non più da zucchero ma da cellulosa, dunque da biomasse non food. Due volte l’anno, a inizio estate e in autunno, il raccolto dalla tenuta Cassana viene trasportato a pochi chilometri di distanza, nel cuore del Parco tecnologico scientifico di Rivalta Scrivia dove si trova Chemtex Italia con il primo impianto in Italia capace di trasformare in benzina verde su scala pre-industriale non più il mais o la canna da zucchero, ma biomasse legno-cellulosiche decisamente meno pregiate come, appunto, canna palustre e sorgo. Ma anche, volendo, il cippato di legno.

Come raccontato da «Il Sole 24 Ore NordOvest» oggi in edicola, il primo a visitare il nuovo sito di Rivalta, l’impianto in questione entrerà in funzione nei prossimi giorni. È il fiore all’occhiello del progetto di ricerca Pro.E.Sa., che vede protagonista il gruppo Mossi&Ghisolfi (tra i leader mondiali nella produzione di Pet), un pool di laboratori universitari e Pmi dell’Alessandrino, insieme a Regione Piemonte e ministero delle Attività produttive: in totale, gli investimenti si aggirano intorno ai 120 milioni, di cui 90 a carico del gruppo M&G.

A pieno regime l’impianto pilota di Rivalta sarà in grado di sfornare una tonnellata al giorno di materiale pretrattato per il bioetanolo, smaltendo 20 chilogrammmi all’ora di biomassa. Una quantità ancora modesta, ma quel che conta qui è la tecnologia: «La linea in fase di montaggio – chiarisce Dario Giordano, responsabile ricerca e sviluppo del gruppo M&G – è la copia perfetta, seppur in miniatura, degli impianti di vasta scala». Morale: se, come probabile, i risultati dei test saranno quelli sperati, si potrà replicare lo schema su impianti da migliaia di tonnellate al giorno.

La linea è stata interamente progettata da Chemtex ed è coperta da cinque brevetti. La controllata del gruppo M&G ha iniziato a lavorarci alla fine del 2007, quando si è insediata nel Parco scientifico di Rivalta e ha assunto una ventina di ricercatori (chimici, agronomi, ingegneri, biologi). Da un anno e mezzo qui si fa ricerca su tutta la filiera dei biocarburanti: le biomasse di partenza, come detto, provengono dalla tenuta Cassana di Tortona; la materia organica, essicata e trinciata, viene pretrattata attraverso l’immissione di vapore acqueo ad altissima pressione, un passaggio dal quale la biomassa esce sotto forma di composto morbido e acquoso. Di qui si procede prima all’idrolisi e poi alla distillazione, due ulteriori fasi in parte sovrapposte che nell’arco di 120 ore producono il liquido finale, dal quale si distilla il bioetanolo. Nei 3mila metri quadrati dei laboratori del Pst i 40 ricercatori Chemtex studiano tutte le fasi del processo, in modo da arrivare a individuare non solo la biomassa dalla la resa maggiore, ma anche i trattamenti che ottimizzano la produzione di zuccheri.

L’obiettivo è ambizioso: «Individuare entro il 2010 la formula che ci consenta di produrre bioetanolo sostenibile dal punto di vista agricolo e a un prezzo assolutamente competitivo», aggiunge Giordano. Su quest’ultimo versante, l’Unione europea in un certo senso è venuta incontro all’attività di M&G, perché «in una recente direttiva ha previsto che i contributi per il bioetanonolo da cellulosa siano doppi rispetto a quelli di prima generazione», ricorda Guido Ghisolfi, vice presidente del gruppo. «Sono convinto – prosegue – che i contributi saranno decisivi a far decollare il mercato, ma successivamente starà in piedi da solo». A prescindere dalle oscillazioni del rivale di sempre, il petrolio: «Saremo presto in grado di produrre a costi competitivi anche con il greggio a 40 euro», assicura Ghisolfi. Che proprio per questo, dopo l’impianto pilota, punta a realizzarne un altro, questa volta non più di tipo dimostrativo. Dove? «Sicuramente in Piemonte», assicura, ma sulla destinazione definitiva la partita è ancora aperta.

10 giugno 2009
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